La Comunità Cristiana: grembo che genera oggi alla fede?
Si è tenuto ad Assisi dal 26 al 27 aprile 2018 il convegno dei direttori e collaboratori degli Uffici Catechistici Diocesani sul tema: La Comunità Cristiana: grembo che genera oggi alla fede? L’attenzione, in questa fase, si è rivolta in particolare alla fascia di età 6-18. Molti gli spunti di riflessione e le porte aperte per un compito di testimonianza in cui l’annuncio si presenta come sfida che coinvolge tutta la comunità cristiana. Non è più pensabile pensare il nostro impegno ‘a scomparti (quasi) stagni’ che non dialoghino sin dal principio tra di loro: catechesi, pastorale giovanile, familiare, vocazionale, liturgica… dimensioni sempre originariamente coinvolte e attivate nella dinamica di annuncio della fede. E non esiste una parrocchia se non inserita in una società, in un mondo, un paese o una città concreti, in cui la persona è educata dall’insieme delle esperienze che vive. Dice un detto africano: “Per crescere un bambino ci vuole un villaggio”. Non basta allora una anche ottima esperienza di catechesi, da sola, con un catechista dalle competenze indiscutibili, se nella mia esperienza personale (che non si esaurisce nell’ ora di catechismo) non incontro un’autentica testimonianza di felicità. Questa provocazione riguarda la comunità cristiana tutta, dal catechista al genitore, all’insegnante, dall’educatore al nonno, dall’allenatore al… barista. Perché la vita non la viviamo solo in canonica. Questi ed altri gli spunti offerti dalla prima relazione fondativa del convegno, dal titolo Quale comunità genera alla fede?, affidata a mons. Erio Castellucci: “E’ l’intera comunità che genera o non genera alla fede. Non è solo il catechista o il parroco. E’ tutta l’assemblea, tutta la parrocchia, tutta la comunità. O ci si accorge della necessita di questa visione olistica globale, o non serve niente. Anche l’allenatore fa parte dell’equipe catechistica, che lo sappia o no: ma è meglio che lo sappia!”
La comunità cristiana: tessuto che ci ha generati? Con questa domanda, affrontata insieme ai responsabili nazionali dell’ACR, dell’AGESCI, del Forum Oratori Italiani ci è si è avviati a una consapevolezza. Se proviamo a chiedere a un giovane credente la dinamica della nascita della fede, ci si accorge che l’aula di catechismo spesso è assente dai ricordi positivi di una testimonianza generante. E’ l’incontro con testimoni veri di autentica felicità l’elemento determinante che interpella e suscita la domanda che porta alla fede. E questo testimone a volte è il catechista, ma altre è un amico, un ‘don’, un’esperienza a un campo scuola, un animatore, un vicino di casa, un compagno di banco, il ricordo di una nonna ‘che da piccoli ci faceva dire le preghiere’: tante esperienze, efficaci insieme nel vissuto complesso della persona in crescita alla ricerca di sé.
La comunità cristiana, tessuto che genera: quali responsabilità? Un interessante tavola rotonda tra i responsabili nazionali delle varie dimensioni pastorali, coordinata da fr. Enzo Biemmi, ha visto il confronto e il dialogo sui limiti e gli apporti che riguardano ogni dimensione pastorale: giovanile (Michele Falabretti), famigliare (Paolo Gentili), vocazionale (Michele Gianola), liturgica (Luigi Girardi). Ne è emerso l’invito a ricercare un equilibrio tra comunità ‘zombie’, inerti e inermi di fronte al mondo in trasformazione in cui viviamo, e comunità ‘rambo’, affollate di zelanti e ultra competenti annunciatori d’assalto, per ricercare piuttosto una sinergia originaria tra i vari ambiti, tutti sempre coinvolti. Il cristiano è un giovane, che celebra, che vive in una famiglia, che cerca la propria vocazione intesa come visione sulla vita prospettica e transgenerazionale, cioè in prospettiva e che riguarda non solo una specifica età, ma ogni generazione e tutte le tappe della vita (vita che viene da Dio).
Iniziazione cristiana in prospettiva… Quali prospettive allora per il lavoro dei prossimi anni? Don Paolo Sartor, direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale: “Il compito di generare alla fede non è ‘di qualcuno’ o di ‘un settore’, ma della comunità cristiana tutta”. E le dinamiche non possono allora che essere quelle del discernimento e della maturazione di un vissuto che si forma nel mondo, nella comunità, non solo in una singola esperienza (magari quella che si esaurisce negli ‘anni del catechismo’). Nessuna ‘ansia dei numeri’ (incontri affollati, eventi, ma che a volte appassiscono come bei fiori di campo in ordine al generare la fede), ma una chiesa che ha il compito di ‘far vedere’ il Signore. Non vediamo il corpo storico di Gesù di Nazareth, ma se la Chiesa è davvero ‘corpo di Cristo’, quel corpo ecclesiale si vede. Vedendolo, vedo Cristo. Quel corpo, tutto, è chiamato ad essere testimone della autentica felicità della vita nuova in Cristo. Tutti e ciascuno, nessuno escluso.
In allegato l’articolo di Tiziana Maria Mazzola realizzato per l’Ufficio Catechesi e pubblicato sul Settimanale della Diocesi di Como.